martedì 3 dicembre 2013

GLI INSEGNAMENTI DI LHODRAK KHARCHU



Un giorno Jinpa venne a sapere che Guru Rinpoche si era ritirato a meditare nella grotta di Lhodrak Kharchu vicino al suo paese. 
Prese del burro, un sacco di sale e della carne secca e correndo come un puledro innamorato si precipitò dal Maestro, si inginocchio con la faccia a terra e lo pregò di accettare le offerte.
Padmasambhava lo ringraziò e poi, sorridendo, gli chiese 
-"Cosa vuoi da me ?"
-"L'insegnamento del Vuoto"- rispose Jinpa, tremando come un cucciolo di Yak di fronte al leone di montagna.
Rise di gusto, Guru Rinpoche, prese una ciotola piena di terra rossa e disse 
-"Toh! Prendi e disegna un triangolo su quella parete di roccia.
Ogni lato deve essere lungo due braccia e al centro del triangolo scrivi le sillabe OM AH HUM"- 
Poi raccattò il burro, il sale e la carne e se ne andò in paese per distribuirli ai poveri. 
Jinpa si mise subito al lavoro, disegnò il triangolo e tracciò le sillabe. 
Si sedette, nella "posizione del diamante", e cominciò a fissare il triangolo.
Alla sera, tornando alla grotta, Padmasmbhava trovò Jinpa immobile, con gli occhi sbarrati davanti al triangolo rosso.
-"Che cosa stai facendo?"
-"Sto aspettando che la magia del triangolo entri in me"- rispose Jinpa
-"Mmmm...Interessante...E funziona?"-
Jinpa aveva le gambe anchilosate e gli occhi più rossi di Dorje Phagmo
Gli facevano male tutti i muscoli, anche quelli che non sapeva di avere.
Guru Rinpoche lo aiutò ad alzarsi, lo accompagnò nella grotta, accese un fuoco, preparò del tè. 
Quando il sangue ricominciò a scorrere nelle vene di Jinpa, dandogli un aspetto un po' più umano, il Maestro tracciò un triangolo nell'aria recitando il Mantra OM AH HUM.
-"Sappi, Jinpa, che tre sono i Fiumi sacri che scendono dalla Grande Montagna:
Yamuna, la gloriosa,
Sarasvati la sapiente,
Ganga la difficile a comprendere
.
La sorgente di Yamuna è la Grande Madre Luce, l'ONDA dell'azione.
Quella di Sarasvati la Grande Madre Silenzio, l'ONDA della conoscenza.
Quella di Ganga la grande Madre Vuoto, l'ONDA del desiderio
.
Il silenzio è Saggezza.
La luce è Azione.
Il vuoto è Amore
.
Le parole sgorgano dalla gola e riempiono la bocca.
L'elisir della vita, discende e sazia il cuore di luce.
Solo il vuoto è veramente fecondo.
Chiedi a Yeshe
Lei ti dirà con uno sguardo
"- 



-"Non capisco, Maestro" - disse Jinpa -"Chi è Yeshe?"
-"IO sono Yeshe" - rispose Guru Rinpoche - "Se domandi per tre volte nella forma giusta ti sarà risposto.
Così si diceva un tempo:
nel cuore dell'uomo sono tutti i semi.
E la pioggia è cieca
"-

DAKINI




Le Dakini sono Dee.
Le Dakini sono Donne.
Le Dakini sono Energie.
Letteralmente डाकिनी ḍākinī che viene tradotto con DANZATRICE DEL CIELO, è la compagna del ḍāka.
Parola che indica genericamente uno Yogin maschio, ma che sta per "GOBLIN", "spirito che si ciba di Carne Umana al servizio della dea KALI".

Padmasambhava, ad esempio, era un Daka.


e Yeshe Tsogyal era la sua Dakini.


L'insegnamento dello Yoga come lo conosciamo oggi proviene quasi esclusivamente dagli ordini monastici che oltre ad essere prevalentemente in mano agli uomini, hanno anche per definizione, la necessità di sviluppare l'aspetto religioso, ma la tradizione dello Yoga ha anche un aspetto, per così dire, laico.
Se si legge con attenzione la biografia di Krishnamacharya( il "padre dello yoga moderno"da cui provengono il Vinyasa, l'Ashtanga, lo stile Ijengar e il Saluto al Sole che tutti noi, erroneamente, crediamo essere un antico rito vedico) si scoprirà che dopo essere stato mandato dal Raja di Mysore a studiare sette anni in Tibet viene rispedito in India dal suo maestro per trovare una compagna (sposò la sorella di Ijengar) perché "LO YOGI NON PUO' RAGGIUNGERE LA PERFEZIONE, SENZA UNA SPOSA. 




La carne umana di cui si nutrono il DAKA e la DAKINI è la loro stessa carne: unendosi sessualmente trascendono la condizione umana, creano l'ANDROGINO, il Dio riconosce la Dea e i due si uniscono: Shiva Shakti, Yub Yam, Amogasiddhi e Tara verde.....


Le "Cinque Dakini",  spose mistiche o Paredre dei Dhyani Buddha, sono le cinque energie della natura, che nei mantra risuonano con i Bija LAM, VAM, RAM, YAM, HAM. 

I loro colori sono Bianco (la sposa di Vairochana), Rosso (la sposa di Amithaba), Blu (la sposa di Akshobia), Verde (la sposa di Amogasiddhi) e Giallo (la sposa di Ratnasambhava). 

La Dakini Bianca è l'energia dello Spazio e del centro.


La Dakini Rossa è l'energia del Fuoco e dell'Ovest. 




La Dakini Blu è l'energia dell'Acqua e dell'Est.




La Dakini Verde è l'energia del Vento e del Nord.




La Dakini Gialla è l'energia della Terra e del Sud. 




Le Dakini non sono entità sovrannaturali o idee (almeno non solo) ma donne in carne ed ossa, come le cinque mogli di Padmasambhava (guru Rinpoche):

Mandarava di Zahor, detta la Principessa Bianca, 





Kalasiddhi, trovata neonata in un cimitero da Mandarava e cresciuta fino a diventare allieva e sposa di Padmasambhava,



la principessa Shakya Devi, figlia del Re del Nepal Shakya Devi,
 



la moglie dell'Imperatore del Tibet Yeshe Tsogyal.



e la senza casta Tashi Kyedren di solito rappresentata come una Tigre in cinta,


Ognuna di queste cinque donne (donne in carne ed ossa) rappresenta un  lignaggio femminile. Cinque dakini, cinque diverse linee di insegnamento di cui possiamo trovare traccia in tutte le discipline psicofisiche orientali. 

lunedì 2 dicembre 2013

FUI LINGUA PER COLORO CHE NON AVEVANO VOCE



"[....]Fui lingua, per coloro che non avevano voce, 
così li ho condotti alla gioia. 

E a coloro che temevano la morte concessi L'immortalità, 

così li ho condotti alla gioia [...]

E mi feci acqua e fuoco per lenire il calore bruciante e il freddo che gela dei perduti negli inferi.

Mi feci cibo e acqua per i fantasmi affamati è Libertà dall'idiozia, 

regola per le bestie prive di parola,
Così li ho condotti alla gioia[...]

Quegli esseri nati in terre selvagge, io li ho trascinati dalla barbarie alla gioia.

Fui tregua dalla guerra e guerra per i demoni,
così li ho condotti alla gioia.

Protessi gli dei dalla caduta,
così portai loro gioia.

Ovunque vi sia spazio,ecco i cinque elementi.


Ovunque vi siano cinque elementi, ecco le case degli esseri viventi. 


Ovunque vi siano esseri viventi, ecco il karma e le impurità.


Dovunque vi siano impurità, la mia compassione. 


Io sono ovunque vi sia necessità degli esseri viventi.

Per venti anni, nella grande caverna di Lhodrak Kharchu, 

tal volta visibile, talvolta invisibile."


Yeshe Tsogyal, "Ye-ses-mtsho-rgyal" Oceano della Saggezza Primordiale (757–817)


domenica 1 dicembre 2013

CORPO PAROLA E MENTE

La mente corrisponde al bija mantra OM.
La parola al bija mantra AH.
Il corpo al bija mantra HUM




Oṃ ॐ è l'inizio del canto rituale (il rito è la manifestazione) ed è il canto stesso.
Per questo è detto udgītha.
Secondo la Chāndogya Upaniṣad ( I,1,5):

"vāg evark prāṇaḥ sāma om ity etad akṣaram udgīthaḥ tad vā etan mithunaṃ yad vāk ca prāṇaś cark ca sāma ca"

ovvero:
La parola (vāg) è ṛk (Ṛgveda, il libro degli inni), il prāṇa è sāman (Sāmaveda), udgītha è la sillaba Oṃ
Parola e prāṇa formano una coppia così come ṛk con sāman.


E ancora (I, 1, 8):

"tad vā etad anujñākṣaram yad dhi kiṃcānujānāty om ity eva tad āha eṣo eva samṛddhir yad anujñā samardhayitā ha vai kāmānāṃ bhavati ya etad evaṃ vidvān akṣaram udgītham upāste"

ovvero:
Questa sillaba significa dire si. 
Quando si vuole dire si a qualcosa si dice Oṃ
E  quello a cui si dice si verrà realizzato. 
Colui che conosce questo venera udgītha come la sillaba Oṃ e realizzerà i suoi desideri.

Oṃ è la mente ma è anche ciò che sta prima della mente.
Il simbolo con cui viene rappresentato, come del resto tutte le lettere sanscrite, può essere considerato un disegno, una specie di Yantra.

ॐ 
L'analisi del significato dei singoli tratti da cui è composto esprime i tre (quattro) stati di coscienza dell'uomo:
La linea curva inferiore rappresenta la A,  l'inizio, lo stato di veglia , il dio Brahmā inteso come forma dell'Assoluto nelle vesti del demiurgo o del legislatore; è detta anche akāra o akāram ed è collegata alla funzione della mente detta ahaṃkāra ("ciò che fa l'io").




La linea curva orizzontale, centrale, rappresenta la U ovvero lo stato del sogno, il dio Viṣṇu inteso come forma dell'Assoluto nelle vesti di colui che mantiene e preserva; è detta anche ukāra o ukāram ed è collegata alla funzione della mente detta Buddhi



La linea curva superiore rappresenta la M ovvero lo stato di sonno profondo, il dio śiva inteso come forma dell'Assoluto nelle vesti di colui che riassorbe la manifestazione; è detta anche makāra o makāram ed è relata alla funzione della mente detta Manas o alla mente in generale.
Il fatto che M sia in alto ed A sia in basso ricorda il concetto della manifestazione grossolana come specchio della manifestazione allo stato potenziale. (MUA - AUM) e le modalità di recitazione dell'AUM di cui parla Shankara nel commento ai Mandukyakarika ( dice più o meno Shankara: "che la A e la U insorgano e vengano riassorbiti dalla M")
Sopra le tre linee curve ci sono altri due simboli :



La mezzaluna detta नाद nāda, ed il punto detto बिन्दु bindu.
Questi due segni sono così importanti da meritarsi un'intera upanishad tutta per loro, la nādabindu upanishad.
Nāda è la vibrazione iniziale, il primo suono e tutti i suoni.
Rappresenta la Shakti nell'atto di dare inizio alla manifestazione.
Se A rappresenta la coscienza dello stato di veglia, U la coscienza dello stato di sogno e M la coscienza dello stato di sonno profondo, Nāda rappresenta il "Quarto" o Turiya, inteso come Grande Sè col quale si può entrare in identita mediante lo strumento Nirvikalpa samadhi.
E' il primo fremito, potenziale, creato dall'unione di Shiva e shakti nell'isola delle gemme.
Il Bindu rappresenta l'anusvāra, reso nella pronuncia con la nasalizzazione (esempio Aummnnnnng) o, meno spesso, con l'allungamento della vocale precedente.
L'anusvāra è Shiva in unione con Citshakti o Cit Rupini.
E' l'amplesso di Shiva e Shakti.
Nāda sono i fluidi vaginali della dea uniti allo sperma del Dio. 
Se A rappresenta la coscienza dello stato di veglia, U la coscienza dello stato di sogno e la coscienza dello stato di sonno profondo, Nāda e Bindu insieme rappresentano il "Quarto" o Turiya, inteso come Grande Sè col quale si può entrare in identita mediante lo strumento Nirvikalpa samadhi



Le tre lettere A, U ed M sono in qualche modo le radici di AH, HUM ed OM ovvero, Parola, Corpo e Mente.
Esiste quindi un OM che tutto racchiude ed è lo spazio alogico che trova espressione nel punto (l'infinatamente piccolo relato all''infinitamente grande)
Esiste un OM potenziale che è il primo suono o prima vibrazione.
Esiste un OM che rappresenta la mente.
Nella recitazione del Mantra (qualsiasi mantra) questa differenziazione (apparente) viene manifestazta attraverso una triplice modalità di recitazione: mentale,bofonchiata (o silenziosa muovendo solo le labbra) ed udibile.
Come abbiamo visto il corpo è rappresentato da HUM.
HUM è il Varmabija, il bija mantra dell'armatura.
L'armatura è quella di Shiva nelle vesti del Bhairava, il nobile distruttore del male.
H qui sta per Hara cisoè Shiva.
U sta per Bhairava.
L'insieme nāda-bindu rappresenta l'assoluto che dissolve il male e la sofferenza.
AH è invece rappresentativo delle quattordici vocali.
Le vocali sono ciò che rende percepibili le consonanti e quindi rappresentano l'origine della manifestazione grossolana e della sua intelligibilità.
Ogni volta che portiamo le mani alla fronte (OM) , alla gola (AH)ed al cuore (HUM), rinnoviamo l'atto d'amore di Shiva e Shakti che dà il via alla manifestazione.
Ripetendo i tre bija uno di seguito all'altro può capitare di percepire un altro suono, simile ai gemiti dell'amata durante l'amplesso.
Questo suono si può forse rappresentare con le sillabe HA ed UM.
HAUM diviene così il mantra nascosto (uno dei8 mantra nascosti) della manifestazione.
H sta per Hara,
AU sta per sadashiva
M indica lo spazio, il vuoto, Citakasha  ciò che i buddhisti chiamano śūnya o vuota pienezza.

OM AH HUM E LO STATO NATURALE

Le modalità espressive dell'Essere possiamo definirle "OM" Mente, "AH" Parola e "HUM" Corpo.
Se si parla di Stato Naturale come di libero scambio di energie tra spazio interno e spazio esterno (ed infine di identità tra spazio interno e spazio esterno) si potrà supporre che i blocchi che inibiscono questo libero scambio siano da ricercare in Mente, Parola e Corpo e si potrà anche supporre che questi blocchi siano riscontrabili in tutte e tre le modalità espressive.



Allo stato naturale corrisponderanno una postura naturale, un ritmo respiratorio naturale, una condizione della mente naturale.
Dove naturale va inteso come spontaneo, non forzato, in armonia con le leggi universali.
I blocchi impediscono il "normale"fluire delle energie dall'esterno all'interno e viceversa inibendo la comunicazione e quindi la fusione con l'ambiente.
Toccando l'addome, il torace, la schiena di un'altra persona è abbastanza facile percepire eventuali tensioni o comunque un non armonico rapporto tra il corpo ed il respiro.
Se nel bambino la inspirazione riempie naturalmente torace, addome e schiena, nell'adulto molto spesso la respirazione interessa solo il torace o solo l'addome.
Ricordo un mio allievo, M., insegnante di hatha Yoga.
La sua maniera di riempire i polmoni a prima vista sembrava corretta.
Poggiando le mani sul torace e sull'addome (la definizione "poggiare le mani" non è correttissima, sto parlando in realtà del "tocco"  una tecnica "d'ascolto") si avvertiva una tensione eccessiva nella zona addominale, soprattutto nella parte sinistra.
Una volta sciolta questa tensione l'addome si è improvvisamente rilassato ed il respiro di M. si è fatto molto più sottile e lui si è rilassato così tanto da addormentarsi.
L'episodio può sembrare irrilevante, ma forse può servire da spunto per una riflessione generale sul nostro approccio alle "tecniche operative" (il pranayama è una tecnica operativa dello hatha yoga) e sulle tecniche psicofisiche in genere.
M. insegna yoga da anni.
Ha frequentato scuole e stage e segue periodicamente corsi di perfezionamento.
In qualche modo ha utilizzato le tecniche apprese per nascondere, inconsciamente, un blocco energetico.
L'aspetto esteriore di M. è quello di uno yogin (corpo asciutto e muscoloso, struttura armoniosa, articolazioni sciolte) ma si tratta una sovrapposizione.
Una specie di sovrastruttura culturale. 



Asana, pranayama, meditazione sono azioni rituali che si compiono per purificare la memoria (citta).
Purificare la memoria significa eliminare gli atteggiamenti imposti, le वृत्ति vṛtti (la traduzione corretta di vṛtti è appunto atteggiamento, stile...).
Quando asana, pranayama, meditazione 
si sovrappongono a blocchi e tendenze preesistenti divengono a loro volta degli atteggiamenti, anziché svolgere la loro funzione (la purificazione della mente) . 
Il risultato è la costruzione di una apparenza di yogin, un personaggio teatrale che somiglia a ciò che crediamo gli altri intendano per yogi.
E più la costruzione del personaggio viene fatta in buona fede più difficile sarà far comunicare e fondere lo spazio interno e lo spazio esterno.
Chiedersi "chi è che sta assumendo questo asana"o " chi è che sta meditando" a questo punto diviene un qualcosa di essenziale.
Sempre che non si trasformi nell'ennesimo atteggiamento.
L'ego, l'io di sogno costruito dalla mente ha continuamente bisogno di conferme della sua pretesa esistenza.
Rispondere alla domanda "Chi sono io?" (Ko'ham) con "Io sono colui che pratica questa asana" o con "io sono colui che pratica questa tecnica respiratoria" o "io sono uno yogin (un filosofo, un conoscitore)" è la stessa cosa che rispondersi "io sono colui che chiede chi sono io".


Il vero asana deve insorgere dall'interno, come un fiore che sboccia.
Così come la vera respirazione non può essere regolata da ritmi imposti dalla lettura di un manuale.
Allo stesso modo il ko'ham non può essere appreso.
Deve anch'esso essere un qualcosa che insorge, deve accompagnarsi allo stupore.
Lo stato naturale è  pervaso di beatitudine ananda.
Il suo svelamento non può non accompagnarsi alla meraviglia (विस्मय vismaya). 
L'emozione dolce che accompagna l'insorgere del ko'ham è la commozione di scoprire che ciò che ci circonda è chitrupini, la forma percepibile, per noi, della shakti, la forma cosciente.
E Chitrupini è la "Yoghini".
Se ciò che è osservo è la yoghini (intesa come ciò che ha relazione col Tutto) Io sono lo yogin.
Ma essendo lo spazio interno (citta akasha) in identità con lo spazio esterno (maha akasha) io sarò ciò che contemplo.
Io sono lei (Sā'ham) .
E se sono in identità con la shakti sono tutto ciò che percepisco (So'ham).
E' allora che lo spazio si trasforma, si fa spazio senziente (Chit akasha).
Se esiste un corpo esiste una mente in grado di percepirlo.
Il corpo, che sia il "mio" corpo fisico o l'universo intero, è l'oggetto di conoscenza.
La mente è il soggetto conoscente.
L'Amore (shakti) è l'energia , l'azione della conoscenza.
L'universo si svela allora come CORPO, HUM
L'Amore si svela PAROLA, AH
IO (shivo'Ham) si svela MENTE, OM
Ma non c'è differenza tra i tre.
Corpo parola mente sono un'unico incommensurabile spazio senziente.
Infinito e quindi ALOGICO.
La mente è la condizione dell'essere allo stato di sonno profondo.
La parola è la condizione dell'essere allo stato di sogno.
Il corpo è la condizione dell'essere allo stato di veglia.


venerdì 29 novembre 2013

LA MENTE PER LO YOGA TIBETANO

" ....meglio identificare l'io con il corpo che con la mente, perché il corpo può durare uno o due o cento anni, mentre quella che chiamiamo mente o pensiero o conoscenza appare e scompare in perenne mutamento.
Come la scimmia che gioca nella foresta afferra un ramo e poi lo lascia per afferrarne un altro, così quella che chiamiamo mente, pensiero o conoscenza appare e scompare in perenne mutamento, giorno e notte [...]" 

Shakyamuni -"Samyutta Nikaya"



Per indicare la mente gli yogin tibetani usano tre parole diverse: Séms, Yid e Lo (blo).
Tutto ciò che riguarda le capacità diimmaginare, classificare, discriminare, il rimanere impressionati dagli impulsi esterni o al contrario essere distaccati, essere agitati, calmi, distratti ecc. è riferito alla mente Lo che in sanscrito potrebbe essere tradotto con Manas.


yid è invece l'intelletto puro, l'intuizione che arriva come una sciabolata di luce improvvisa, la capacità di deliberare decidere, senza scelta, senza ragionamenti sui pro e i contro...
Sèms è il principio vitale, la caratteristica di tutti gli esseri viventi.
Il principio coscienza che passa di corpo in corpo e di vita in vita per la teoria della reincarnazione, è detto Namshés considerato sinonimo di Séms ma che non gli corrisponde completamente.
Namshés è quello che in india è definito Jiva.
La meditazione serve a comprendere che Séms, Yid e Lo NON SONO FLUSSI DI ENERGIA o SISTEMI legati all'EGO  o identificati con l'EGO.
Dice Buddha (Samyutta Nikaya):

" ....meglio identificare l'io con il corpo che con la mente, perché il corpo può durare uno o due o cento anni, mentre quella che chiamiamo mente o pensiero o conoscenza appare e scompare in perenne mutamento.
Come la scimmia che gioca nella foresta afferra un ramo e poi lo lascia per afferrarne un altro, così quella che chiamiamo mente, pensiero o conoscenza appare e scompare in perenne mutamento, giorno e notte
[...] "

Cosa significa?
Gli strumenti dell'essere umano, per lo Yoga, sono corpo/parola/mente, anzi l'essere umano è corpo/parola/mente.
In assenza anche di uno solo dei tre fattori (principi o elementi), che hanno caratteristiche diverse, non si può parlare di "Essere umano".




L'unica Realtà "permanente" per i tibetani è "Kun Ji Namparshespa" la DIMORA o RIFUGIO, che potremmo chiamare anche Brahman, o ālaya.
Kun Ji Namparshespa è un flusso ininterrotto nel quale galleggiano dei "quanti", o meglio dei grumi di "coscienza/conoscenza" che sono i fenomeni.
La vita di un singolo essere umano è uno di questi grumi di coscienza/conoscenza che nel fluire del fiume dell'Essere si incontra per caso con altri grumi di coscienza/conoscenza. 
L'acqua dell'eterno e infinito "Fiume di Prima dell'Inizio",  dal nostro punto di vista muta ad ogni istante perché chi osserva è la mente/scimmia.
Le neuro scienze hanno dimostrato che i processi legati al cervello, alla creazione di sinapsi, alla interpretazioni dei fenomeni, hanno una durata di qualche miliardesimo di secondo.
Se si porta l'attenzione sul corpo e sulla sua evoluzione, che pure sono legati a quei processi, si avrà la possibilità di osservare un fenomeno che si svolge in un tempo, come dice Shakyamuni, calcolabile in anni ("uno, due, cento").
Rispetto al flusso dell'essere sia il pensiero che il corpo sono fenomeni impermanenti, sono cioè uguali dal punto di vista qualitativo, ma c'è una differenza quantitativa che possiamo utilizzare per "CONOSCERE".
I nostri pensieri, i desideri, le idee NON CI APPARTENGONO, sono come rami, foglie secche o pezzi di plastica che scorrono senza posa nel Kun Ji Namparshespa. 
Cercare le motivazioni profonde, le radici delle nostre idee, considerazioni, decisioni è IMPOSSIBILE, per lo Yoga.
Esaminare i propri pensieri alla ricerca della loro sorgente in una vita precedente, in uno shock infantile, in una conferma di teorie psicanalitiche, filosofiche o religiose, è inutile.
Questo non significa che  sia un esercizio inutile anche per  discipline con altre finalità, ma il fine dello Yoga, l'illuminazione, è la liberazione dai vincoli che ci impediscono di "lasciarci fluire nel fiume dell'Essere e scoprirsi uno con l'Essere" e questi vincoli non sono né soggettivi, né vaghi e indefiniti: sono I CINQUE VELI DELLA DEA, legati ai cinque elementi, ai cinque veleni (le cinque emozioni negative), ai cinque Dhyani Buddha o alle cinque teste di Shiva.
I cinque Veli o vincoli, sono:

1)La limitazione dello spazio
elemento Etere, 
Dhyani Buddha Vairochana (nei veda è figlio di Agni o di Visnu, ha quattro teste come Brahma), 
emozione negativa dell'Ottusità e dell'Ignoranza. 






2)La limitazione della Conoscenza o "Vidya", 
elemento Aria, 
Dhyani Buddha Amogasiddhi, 
emozione negativa dell'Invidia e della Gelosia. 







3) La limitazione della Passione
elemento Fuoco, 
Dhyani Buddha Amitabha (che significa "Luce - Bha - senza fine o senza morte"), 
emozione negativa della concupiscenza e del Desiderio di Possesso.






4) La limitazione del Tempo
elemento Acqua, 
Dhyani Buddha Akshobia
emozione negativa dell'Odio. 







5) La limitazione di Causa-Effetto
elemento Terra, 
Dhyani Buddha Ratnasambhava
emozione negativa dell'orgoglio e della presunzione. 




La meditazione sulla mente o sui contenuti psichici, usata come strumento in molte tecniche che confinano con lo yoga ma che sono legate alla via PSICOLOGICA, come l'ho definita a volte, secondo me è utile solo se, collegandola alla meditazione con seme su fenomeni fisici (yantra, suoni, processi fisiologici....) conduce al samadhi che è uno strumento di risoluzione dei vincoli o Veli della Dea.
Se invece si lavora sui propri pensieri alla ricerca di una ragione, un motivo, una sorgente, il risultato che otterremo sarà un pensiero anch'esso, mutevole alla velocità della luce e sottoposto al velo limitante della CAUSALITA'.
Con la meditazione sui "contenuti psichici" il meditante allena la mente e sviluppa la capacità di penetrare, per così dire alcuni strati di motivazioni, giustificazioni, ecc. ma partire da un pensiero per giungere ad un altro pensiero è come piantare del pane per ottenere del grano da cui produrre pane.

LA TERRA DELL'OLTRE






-"Perché fai Yoga?" - 
Lo domando spesso ai miei allievi. 
E non è una domanda retorica.
Io non lo so perché da quarantanni mi annodo le gambe, recito mantra, ascolto la respirazione, medito.
Non ne ho idea.
E se rispondessi che per me il fine dello Yoga è la Liberazione, mentirei.
Liberazione da che?
Ammetto di non aver mai trovato risposte dentro di me.
Le ho cercate nei libri e nei discorsi altrui, come tutti, in fin dei conti.
Ogni scuola, ogni "lignaggio", ha un suo concetto di liberazione o illuminazione o realizzazione, e, alla fin fine, se si legge o si ascolta, di quello si tratta: di concetti




monte Kailash

Uno dei più antichi insegnamenti buddisti, ripreso poi da Ramakrishna, Vivekananda e altri, è quello della doppia catena.
Esistono due catene che impediscono all'uomo di elevarsi da una condizione, giudicata dagli yogin miserevole: la prima è una catena di ferro, l'altra è una catena d'oro.
La catena di ferro sarebbe per alcuni, il male, l'altra il bene.
Da una parte l'assenza di regole e leggi che non siano la legge del più forte, l'immoralità, le pulsioni più basse, dall'altra le leggi della società civile, la moralità, l'aspirazione al bene comune.
Gli anelli della catena di ferro sono le azioni che produrrebbero "karma cattivo", quelli della catena dorata, invece, sono le azioni che portano "karma buono".
Ovviamente il ferro porta al regno dei demoni e l'oro al regno degli dei anche se ogni religione  definirà, poi, i due regni in maniera diversa, Inferno e Paradiso, ad esempio, oppure rinascita infausta o fortunata. 





Il dividere le azioni in buone e cattive e il promettere Inferno e sofferenza a chi non è bravo e Paradiso e beatitudine a chi lo è ha degli effetti positivi sulla vita quotidiana ed ha il merito di essere un insegnamento semplice e accessibile anche alle menti meno brillanti.
Se ad un bambino insegno che l'avarizia conduce a rinascere scarafaggio, e la generosità ad una futura vita da principe probabilmente comincerà a regalare i suoi giocattoli a destra e manca.
Le credenze consolatorie, le prefigurazioni di immaginifici Regni dei Cieli sono finalizzate a spingere, giustamente, gli esseri umani verso il Bene, inteso come moralità. Se proprio si deve scegliere è meglio  scegliere la catena d'oro!
Eppure gli yogin parlano di doppia catena di cui liberarsi, o di doppia spina da estrarre dalla carne.
Leggendo, ascoltando, praticando, al di là delle infinite discussioni sul rapporto tra oriente e occidente, sulle divergenze vere o presunte tra Vedanta e Tantra, sugli influssi taoisti sul buddismo tibetano, sulla differenza tra samadhi nirvikalpa e savikalpa mi sono fatto l'idea che esistano, grosso modo, due diverse concezioni, due linee di insegnamento che affermano cose affatto diverse.
Da una parte le teorie consolatorie, necessarie alla conservazione del mondo come lo conosciamo, dall'altro gli insegnamenti dell'al di là, dove "al di là" non è il regno della morte, ma il territorio dell'OLTRE, "la terra Misteriosa dalla quale nessun viaggiatore ha mai fatto ritorno" di Amleto e dei cavalieri del Graal.
Anche Lao Tse, mi pare, parla della terra da cui non si può tornare.
E pure il tantrismo tibetano. 





L'insegnamento dell'Oltre (oltre le leggi fisiche, oltre le leggi dell'uomo, oltre le leggi degli dei) si accompagna a quelli, spesso fraintesi, della VIA DIRETTA e della NON AZIONE.
Per descrivere lo stato del realizzato, di colui che si è liberato di entrambe le catene, taoisti e buddisti fanno l'esempio del viaggiatore che si costruisce una zattera per passare il fiume e raggiungere un paese sconosciuto.
La zattera è il praticante e il praticante è la pratica (Il Sadhana è il sadhaka...).
Una volta superate le acque ("... come quei che con lena affannata, uscito fuor dal pelago alla riva, si volge all'acqua perigliosa e guata...") e raggiunta la terra dell'oltre il viaggiatore che fa?
Prosegue il suo viaggio, lasciando la zattera sulla riva.
Non la porta con sé.
L'Al di là, la "Terra Misteriosa dalla quale nessun viaggiatore ha mai fatto ritorno" viene spesso identificata con la Morte, ed ha un senso:nessuno torna indietro perché chi ha intrapreso il viaggio non esiste più.
L'incarnazione, intesa come presa di coscienza della propria individualità del proprio essere altro dalla natura, è dovuta, per il buddhismo Mahayana, alle cinque emozioni negative: 


Ignoranza. 
Odio e Rabbia. 
Gelosia e Invidia. 
Passione e Desiderio di possesso. 
Orgoglio e Superbia.

La pratica, il Sadhana, consiste nel riconoscere queste emozioni negative, nel trasformarle e nell'integrarle.
Per farlo occorre scendere nell'inconscio (dove germogliano i semi della manifestazione) catturare le forze considerate negative e condurle alla luce, alla coscienza, per scoprire che si tratta di ciò che un tempo chiamavamo divinità.
Le forze del male, gli Asura, sono le forze stesse della natura, l'energia della generazione.
Credersi altro dalla natura significa credersi altro da Sé e tutto ciò che ci spinge all'integrazione, viene visto come un pericolo per la nostra individualità.
E' l'Ego a creare il male.
Ma l'Ego, per lo Yoga, semplicemente non esiste.
La luce è sempre bianca, è la percezione, la mente, a scinderla illusoriamente e a farci apparire i mille e mille colori diversi.
Ma la  natura della luce è sempre uguale a se stessa.
La simbologia del tantrismo tibetano è assai precisa.
I cinque colori, bianco, blu, verde, rosso, giallo, rappresentano i cinque elementi (spazio, acqua,aria, fuoco, terra), le cinque percezioni (udito,gusto,tatto,vista,odorato), le cinque azioni (parlare, generare, afferrare, andare, evacuare), i cinque dhyani Buddha (Vairochana, Akshobia, Amogasiddhi, Amithaba, Ratnasambhava) e le cinque emozioni negative (ignoranza, odio, gelosia, passione, orgoglio). 

Ma simboleggiano anche le cinque dakini, o dee o Tara dei cinque colori, che unite ai loro sposi sanciscono l'integrazione tra forze inconsce e coscienza, tra bene e male, tra spirito e materia. 




Chi riconosce in sé le cinque emozioni negative, le trasforma per poi integrarle nella luce della coscienza, raggiunge lo stato della non azione.
Che non significa non muoversi, rimanere in uno stato di passività, dedicare la vita alla contemplazione, ma essere "Libero" da quelle emozioni negative che "danno sapore" a quelle azioni.
Yama e Nyama , gli insegnamenti cosiddetti etici di Dattatreya e Patanjali, non sono, per chi ha integrato le emozioni negative, dei "comandamenti", delle regole da osservare, ma sono lo stato naturale di chi ha raggiunto la Terra dell'oltre.
Se io sono "natura", se io sono "tutti gli esseri viventi", perché dovrei , volontariamente, arrecare del male a qualcuno? 

Perché dovrei cercare di appropriarmi dei beni altrui?
L'essereumano soffre perché è continuamente in lotta con l'ego.
E l'ego è intessuto dei fili delle emozioni negative.
Una volta che si è data forma a quelle emozioni e le si è condotte alla luce, le vediamo come un fiume, un fiume che rappresenta l'esistenza stessa.
Lo yogin attraversa quel fiume e giunge nella terra dell'Oltre.
Abbandona la sua zattera (la pratica) e "torna a casa".
La luce è tutta bianca.
Anzi è incolore.
E' l'ego a creare i colori.
I colori sono l'Ego.
Lo yoga è un viaggio senza ritorno, ad ogni tappa ( samadhi) mente, parola, corpo, pensiero, energia e materia, si trasformano fino a scoprirsi Uno e alla fine il viaggiatore semplicemente non c'è.
Come potrebbe tornare indietro?
Se lo yoga ha un fine è quello di permetterci di creare un confine, una linea che separa il prima dal dopo.
Il fiume che, nei racconti taoisti e buddisti, ci si accinge a superare, riflette la nostra faccia, i nostri occhi, la nostra memoria.
La zattera, la pratica, è ciò che purifica la memoria e purificare la memoria significa portare alla luce le emozioni, le pulsioni che si celano dietro ad ogni nostra azione, ogni nostro pensiero, e riconoscerle come spose, sorelle, madri delle forze della creazione.
Se si purifica la memoria lo sguardo si spinge oltre, si fa profondo, sempre più profondo.
Guardare dentro o fuori non fa differenza per lo yogin.
E' lì, sulla riva del fiume, con la nostra zattera piena di tecniche e di parole che si deve tracciare la linea di confine.
Se specchiandosi nelle acque, ci pigliamo paura guardando il deserto silenzioso in fondo agli occhi, la memoria (le emozioni) prende il sopravvento e ci "reincarniamo" nel senso che torniamo a ricostruirci un ego, una parvenza di individualità.
Se decidiamo di continuare il viaggio ci troveremo nella terra dell'Oltre, dove sia il viaggio che il viaggiatore saranno forse, solo un vago ricordo, come "un sogno sognato da un ombra".

 
______________

giovedì 28 novembre 2013

IL PORCO, IL VINO E LA CONOSCENZA DI BUDDHA

Spesso, per ciò che riguarda lo yoga, anziché studiare i testi antichi, confrontando il più possibile varie interpretazioni e traduzioni, molti praticanti tentano di adeguare le parole dei maestri alle loro credenze o, peggio, di mettere la firma di quei maestri in calce alle loro riflessioni.
Altre volte, parandosi dietro lo scudo della devozione, si abbraccia una particolare interpretazione senza prendersi la briga di controllare cosa ci sia scritto nel testo originale ( cosa, in tempi di internet e vocabolari on line, piuttosto agevole).
Non so se questo sia un bene o un male.

Di certo alcune credenze moderne si sono ormai sostituite alle verità storiche e se Yogin e Maestri del passato sentissero quanto oggi  si racconta di loro stenterebbero a riconoscersi.


Q tempo fa, dopo una serie di accese discussioni sul buddhismo e sulle abitudini sessuali e alimentari dei monaci mi sono riletto "Vita di Milarepa", e sono rimasto un pochino perplesso.
L'edizione che ho è quella di  Adelphi, a cura di Jacques Bacot.
Pg. 161: 

"Così detto [Peta, la sorella di Milarepa] mi diede il cibo e il vino. 
Mangiai e bevvi e immediatamente la mia intelligenza si rischiarò. 
Quella sera la mia devozione ne trasse molto vantaggio." 

Pgg. 161-162-163:
"Qualche giorno dopo Dresse venne a trovarmi insieme a Peta, portandomi carne,burro rancido, tsampa e molta birra[...] Se ne andarono e io mangiai i buoni cibi che avevano portato[...] le mie vene [nadi], per via dell'uso dei cibi cattivi, si erano tutte annodate e non potevano sostenersi. Quindi la birra di Peta le rianimò un poco.
Le offerte di Dzesse
 [carne, burro, Tsampa, farina] finirono per rianimarmi del tutto. 
[...]Conformemente alle prescrizioni del rotolo di carta [ il rotolo sigillato che gli aveva dato il Lama Marpa e che conteneva delle formule e l'indicazione di mangiare cibi nutrienti, ovvero carne, burro, vino, birra....]mi sforzai di realizzare le condizioni di corpo, respiro, pensiero. 
[...] Capii che la via delle inclinazioni sensuali, che è la via dei tantra, non poteva essere una via normale praticata da tutti. [...] Ne ero debitore a Peta e a Dzesse [...]"

Pg. 180:
"Quand'anche io volessi sopprimere la mia virilità non potrei farlo."



Considerando (1) che Milarepa è considerato il più grande yogi tibetano,
(2)che Milarepa è ineluttabilmente buddista, (3)che il suo lignaggio è quello di Naropa, ovvero dell'iniziazione sessuale, non è che il testo sorprenda molto.
Le parole dello Yogin tibetano stridono però con l'idea che la maggior parte delle persone ha dello yoga, del buddismo e delle pratiche corporee.
Shakyamuni è morto per una indigestione da carne di porco, ma quando lo racconto ai miei amici vegani o non ci credono o fanno finta di non aver sentito.
Ovviamente questo non trascurabile dettaglio (la morte di Shakyamuni per indigestione di maiale) non significa che Buddha consigliasse di uccidere degli animali o mangiare carne, ma a me viene spontanea una domanda: "siamo sicuri che Shakyamuni, che ha mangiato cibo animale fino a morirne, abbia mai proibito agli altri di mangiarne?"
Non sarà che alcune prescrizioni per i singoli allievi sono state interpretate come insegnamento generale (o universale)?
Milarepa e Shakyamuni per me erano, sono, maestri autentici (potrei dire "I" MAESTRI]
E sono stati, sono, dei grandi uomini.
A volte mi viene il sospetto che li si voglia trasformare, loro come molti altri, in santini, figurine dipinte da usare come cura per l'ansia di incompiutezza.
Esempi irraggiungibili utili per giustificare le nostre meschinità.
Milarepa e Shakyamuni, sono esseri umani in ciccia, muscoli ed ossa. mangiano carne, a volte, bevono alcolici, fanno sesso.
Sono lì, davanti a noi e ci dicono: -"Noi possediamo la conoscenza, se volete possiamo darla anche a voi...."-
Ma noi la vogliamo veramente la conoscenza di cui parlano Shakyamuni e Milarepa?